Golzar Sanganian

TAKE OFF

20 Giugno - 15 Luglio 2019

A cura di Leonardo Regano

Opentour 2019. La mostra Take Off fa parte di Opentour 2019: una festa dell’arte lunga una settimana, dal 17 al 22 giugno, con la quale l’Accademia di Belle Arti di Bologna si apre all’esterno e “invade” numerose sedi e spazi espositivi e culturali cittadini, proponendo al pubblico l’occasione di scoprire e apprezzare i risultati dell’attività che studenti e docenti svolgono nelle aule.
Golzar Sanganian (Tehran, 1977) è protagonista di un solo show allestito negli spazi della Galleria Studio G7, storica galleria bolognese che inaugura con questa mostra l’adesione al progetto Opentour.
Take off ripercorre l’ultimo anno di ricerca dell’artista iraniana, presentando lavori inediti realizzati per l’occasione. Nelle sue opere, Golzar unisce arte e vita in un dialogo serrato e carico di suggestione, mescolando materie ed elementi, organico e inorganico, componendoli in strutture che segnano un percorso biografico e intimo. Negli spazi dello Studio G7 sono presentate quattro grandi sculture, affiancate da opere su carta che ripercorrono l’intero percorso creativo di Golzar Sanganian.

Ritrovarsi, a un tratto, immersi in una foresta di segni e suggestioni. L’invito di Golzar Sanganian è a varcare la soglia ed entrare in uno spazio in cui, rigogliose, crescono strutture che uniscono terra e cielo; davanti agli occhi si svela un mondo fatto di materiali naturali e artificiali che si inseguono e si intrecciano in un percorso che è scelto dall’artista iraniana come metafora della vita umana e delle sue fragilità. Golzar Sanganian presenta alla Galleria Studio G7 la sua prima personale riunendo cinque grandi sculture che raccontano gli esiti più recenti della sua ricerca. Alle pareti, il ciclo grafico che le accompagna ci mostra lo studio che precede ogni suo lavoro e che nasce da pensieri ed elaborazioni fermate dall’artista sulla carta e poi concretizzate nella realizzazione scultorea. Le sue opere sono debitrici di una sintesi estetica razionale e minimalista, in cui i diversi elementi si incontrano e si confondono in una visione unica plasmando forme geometriche e lineari che attraversano l’ambiente e lo definiscono. Sanganian si rapporta all’architettura entrando in dialogo e modellando il suo lavoro nel confronto con essa, inseguendola nelle sue partiture e misurandone profondità e limiti fisici. L’incontro tra organico e inorganico fa da innesco per lo sviluppo di tensioni e forze opposte, che l’artista frena e congela in una continua ricerca di equilibrio su cui si fonda la loro stessa messa in relazione. La verticalità delle strutture in metallo che ritorna costante nei suoi lavori è messa in rapporto alla stabilità dell’esistenza; la sua interruzione per l’intrusione dell’elemento vegetale o animale è invece l’immagine dell’imprevisto e delle incertezze dell’individuo di fronte al destino. Nella loro contrapposizione è raccontata la vita, colta nella sua essenza o declinata nell’intimità dell’artista. Take Off è quindi un grande ciclo poetico, un diario personale con cui Golzar Sanganian ci racconta una fase importante del suo essere donna, il suo tornare a essere madre.

Una raccolta spontanea di foglie si trasforma in una preziosa testimonianza dello scorrere del tempo. Davanti a Impaginazione osserviamo l’attimo che passa e cambia inesorabilmente lo stato delle cose. A ciascuna delle 365 foglie Golzar assegna un numero, con un’azione di catalogazione per raccontare l’attesa e la speranza, la vita che nasce e cresce durante la sua gravidanza. Il rosa che tinge il fogliame è l’indice di questa trasformazione e segna il percorso della gestazione nella sua fisicità e misticità.

La vita che si prepara a nascere è evocata anche in Gravida, una struttura lineare di metallo interrotta da una curva in nerbo di bue che staglia la sua ombra contro la parete della galleria. In quella forma che risalta energicamente sul muro, riecheggia l’immagine del grembo gravido, un raffronto così forte e incisivo da condizionarne la scelta del titolo. L’inserzione della frusta assurge a simbolo dello scontro tra forze e tensioni discordi, strumento di coercizione e comando ma anche di difesa e di guida.

Quasi nascosto, Domato si confonde con la partitura del muro su cui l’artista ha scelto di installarlo. La linearità della struttura è qui conservata anche nell’inserzione di fibre animali che ne seguono la spigolosità geometrica, completando e chiudendo l’angolo retto confondendosi con il tubolare ferroso. Il crine di cavallo è debole se preso nella sua singolarità ma incredibilmente forte e malleabile se è raccolto nell’insieme di un fascio, dotato di una sua intrinseca capacità a resistere, di una sua resilienza, che apre a quel confronto con la vita umana che nutre ogni atto creativo di Golzar Sanganian.

Lo sviluppo rettilineo è spezzato e negato nelle curve complesse che si intrecciano in Oscura. L’opera conclude questo viaggio verso la vita, dal buio verso la luce e la gioia di un legame nuovo che nasce. Il filo di ferro è sottile, ricoperto dalla pelle di capra e si appoggia alla parete leggero, quasi a indicare un accesso a una nuova dimensione. Oscura ci porta a prendere una decisione. È un invito a staccarci dal suolo e compiere il nostro volo, a seguire la nostra strada e il nostro destino compiendo un decollo, un “take off”, espresso nell’ultima delle grandi sculture che compongono la mostra, il Passo del Flamingo, in cui tornano le linee rette e angolate restando, però, leggera, emulando nella sua forma la grazia e la danza di un fenicottero che si stacca dal suolo, puntando verso il cielo, verso l’infinito, verso la sua nuova vita.

Leonardo Regano